Mi è capitato giorni fa, di leggere un articolo che ha destato la mia attenzione.
I meccanismi adottati in Cina dai cosiddetti imprenditori dell’apocalisse, poco si discostano dagli italici atteggiamenti di manager aziendali o proprietari di attività, attraverso i quali si aumenta ogni giorno la pressione sul lavoratore finale. O, se vogliamo, su chi ha capacità decisionali nulle e viene preso per il collo da questi moderni strozzini.
foto (https://misilmeriblog.wordpress.com/2009/10/14/coinres-i-lavoratori-in-catene-chiedono-lassunzione)
Quello che gli imprenditori non si vergognano di nasconderti, è che a fronte della corresponsione di uno stipendio o di una parcella (più o meno inadeguati), chi accetta il lavoro sarà a completa disposizione del datore di lavoro, nelle modalità e nelle tempistiche che varieranno al variare delle esigenze contingenti. Ma, laddove in Cina stanno sorgendo “sacche di resistenza”, in Italia siamo sprofondati in un periodo di buio della ragione: molti lavoratori si assegnano da soli dei task che esulano dalle loro competenze e dalle otto ore di lavoro, e creano un circolo vizioso fatto di team che fanno a gara a chi produce di più o lavora di più (senza ovviamente essere retribuito ma sperando in un futuro riconoscimento).
Un bel video che girava in rete mesi fa, mostra quanto siamo abili a mettere le nostre vite nelle mani dei nostri datori di lavoro, rinunciando a qualsiasi cosa pur di ottenere il posto:
Quante ore al giorno sei disposto a lavorare
Il problema non sono gli imprenditori dell’apocalisse, il problema è sapere quanto potere siamo disposti a cedere pur di ottenere un impiego.
Gli imprenditori dell’apocalisse vogliono farci lavorare come pazzi